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TAR Lazio: il controllo automatizzato di eventuali contenuti illeciti non rende il provider fornitore di hosting attivo.


Il provider che non è a conoscenza dell’attività illecita che avviene tramite i propri servizi non ne è responsabile. Il Tar Lazio, sez. IV, sentenza n. 1393/2024 ha accolto il ricorso di Facebook (Meta Platforms Ireland Ltd) annullando la delibera dell’Agcom n. 422/22/Cons del 14 dicembre 2022 che l’aveva sanzionata con una “multa” di 750mila euro.

Il colosso social era finito nel mirino dell’Autorità delle comunicazioni per la violazione del divieto di pubblicità del gioco d’azzardo (prevista dal “Decreto Dignità” del 2018), avendo riscontrato in alcuni giorni del mese di maggio 2022, la presenza di contenuti “sponsorizzati a pagamento” idonei a pubblicizzare il gioco e le scommesse on line con vincite in denaro.

Il Tar ricorda che la direttiva sul commercio elettronico (direttiva 2000/31/CE) ha introdotto un’esenzione da responsabilità per i fornitori di servizi di hosting che non siano a conoscenza delle attività illecite che avvengono tramite i propri servizi sempre che, avutane conoscenza, agiscano immediatamente per rimuoverli. La giurisprudenza (sia unionale che nazionale) ha poi interpretato la norma circoscrivendo l’immunità alla sole ipotesi in cui l’hosting provider rimanga neutrale rispetto ai contenuti immessi in rete.

In particolare, la giurisprudenza unionale distingue due figure di hosting provider: a) quella dell’hosting provider “passivo” che svolge “un’attività di prestazione di servizi di ordine meramente tecnico e automatico”, senza dunque controllare le informazioni; b) quella di hosting provider “attivo”, “quando l’attività ha ad oggetto anche i contenuti della prestazione resa”.

A quest’ultima figura di “provider attivo” fa riferimento il Regolamento UE 2022/2065 (sui servizi digitali, che si applica dal 17 febbraio 2024) secondo cui: “Le esenzioni dalla responsabilità stabilite nel presente regolamento non dovrebbero applicarsi allorché, anziché limitarsi a una fornitura neutra dei servizi mediante un trattamento puramente tecnico e automatico delle informazioni fornite dal destinatario del servizio, il prestatore di servizi intermediari svolga un ruolo attivo atto a conferirgli la conoscenza o il controllo di tali informazioni”.

Tuttavia, il regolamento, precisa anche che l’esenzione va invece estesa nell’ipotesi in cui i providers svolgano di propria iniziativa - come nel caso di Meta Platforms Ireland - attività volte a individuare e a rimuovere contenuti illegali memorizzati dagli utenti. Insomma, l’adozione di sistemi di controllo non è sufficiente di per sé a rendere il provider un “hosting attivo” (responsabile per i contenuti stessi) e a determinare l’inapplicabilità dell’esenzione.

Tornando al caso specifico, per il Tar è “pacifico” che il sistema di controllo di Meta ha carattere “principalmente automatizzato” e che la verifica manuale “interviene in ipotesi residuali e per un numero molto limitato di casi”. Deve dunque escludersi che, nel caso in esame, Meta possa qualificarsi hosting provider attivo considerato che: a) il sistema di controllo delle inserzioni non ha comportato alcuna manipolazione dei dati; b) l’unica manipolazione possibile è il “rifiuto” dell’inserzione.

La norma, spiega il Collegio, mira a evitare che i providers possano essere esposti al rischio di essere esclusi dall’applicazione della clausola di esenzione da responsabilità per il solo fatto di essersi muniti di un sistema di controllo dei contenuti “caricati” dagli utenti del servizio.
Né, del resto, l’Agcom ha dimostrato che ricorresse uno di quei casi limitati in cui a seguito del controllo automatico interviene la verifica di una persona fisica (c.d. “revisione umana”), che invece “può implicare la condizione di effettiva conoscenza idonea a giustificare un addebito in capo al provider a titolo di concorso”.

In definitiva, il Tar ha ritenuto che: 1) il meccanismo di controllo automatizzato non sia sufficiente per qualificare Meta come hosting provider attivo; 2) non sia stata dimostrata la conoscenza effettiva dell’attività illecita; 3) solo con la notifica della contestazione la ricorrente ha saputo dell’esistenza delle inserzioni pubblicitarie illecite e ha rimosso i “post”.

Fonte: Il Sole 24 Ore - Autore: Francesco Machina Grifeo - Titolarità dei contenuti: Gruppo Il Sole 24 ore.

 
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