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REATI INFORMATICI

Cassazione penale: commette reato il Carabiniere che accede a sistema informatico per ragioni di natura privata.

La Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata in tema di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, stabilendo che integra il reato di cui all’articolo 615-ter, comma secondo, n. 1, del Codice Penale la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formale impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee rispetto a quelle per le quali la facoltà di accesso gli è attribuita.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso proposto.

Preliminarmente, i giudici di legittimità hanno citato il principio di diritto recentemente enunciato dalla stessa Corte, nella sua più autorevole composizione (Sezioni Unite, Sentenza 8 settembre 2017, n. 41210), pronunciatasi a seguito dell’ordinanza di rimessione della Quinta Sezione Penale (Ordinanza 14 marzo 2017, n. 12264), secondo cui: “integra il delitto previsto dall’art. 615 ter, secondo comma, n. 1, cod. pen. la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che, pur essendo abilitato e pur non violando le prescrizioni formali impartite dal titolare di un sistema informatico o telematico protetto per delimitarne l’accesso, acceda o si mantenga nel sistema per ragioni ontologicamente estranee e comunque diverse rispetto a quelle per le quali, soltanto, la facoltà di accesso gli è attribuita”.

Alla luce di tale principio, la Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse viziata nella parte in cui non indicava da quali atti di indagine emergesse la circostanza che le ricerche effettuate dall’indagato potessero esser ricondotte ad esigenze investigative collegate alla sua funzione di carabiniere in servizio e non già, come ipotizzato dalla Pubblica Accusa, a necessità di ricerca di informazioni “privatistiche” collegate alla sua relazione sentimentale.

Per tali ragioni, la Cassazione ha annullato la decisione gravata, rinviando gli atti per un nuovo esame.

(Corte di Cassazione - Sezione Quinta Penale, Sentenza 12 gennaio 2018, n. 1021)

(Fonte: Sito web Filodiritto -  Autore: Lorenzo Pispero - Titolarità dei contenuti: Inforomatica Giuridica S.r.l.).

 

 

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