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TUTELA DEI DATI PERSONALI

Corte di Giustizia UE: il divieto di trattare determinate categorie di dati personali sensibili si applica anche ai gestori di motori di ricerca.

La sig.ra G.C. e i sigg. A.F., B.H e E.D. hanno agito dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) contro la Commission nationale de l’informatique et des libertés (CNIL) (Commissione nazionale per l’informatica e le libertà; in prosieguo: la «CNIL», Francia) relativamente a quattro decisioni di quest'ultima recanti rifiuto di ingiungere alla società Google Inc. di procedere alla deindicizzazione di vari link, contenuti nell’elenco dei risultati che compare allo schermo in esito ad una ricerca effettuata a partire dal loro nome. Tali link rinviano a pagine Internet pubblicate da terzi che contengono, in particolare, un fotomontaggio satirico riguardante un’esponente politica messo in linea sotto pseudonimo nonché articoli che menzionano la qualità di responsabile delle pubbliche relazioni della Chiesa di Scientology di uno degli interessati, l’indagine giudiziaria a carico di un esponente politico e la condanna di un altro interessato per violenza sessuale su minore.

Il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) ha sottoposto alla Corte varie questioni vertenti sull’interpretazione delle norme di diritto dell’Unione relative alla protezione dei dati personali. Il Conseil d’État vorrebbe in particolare stabilire se, in considerazione delle responsabilità, delle competenze e delle possibilità specifiche del gestore di un motore di ricerca, il divieto rivolto agli altri responsabili di trattamento di trattare dati rientranti in determinate categorie particolari (come le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche nonché la vita sessuale) sia applicabile anche a tale gestore.

Nella sua odierna sentenza, la Corte ricorda che, nei limiti in cui l’attività di un motore di ricerca può incidere, in modo significativo e in aggiunta all’attività degli editori di siti Internet, sui diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, il gestore di tale motore di ricerca in quanto soggetto che determina le finalità e gli strumenti di detta attività deve garantire, nell’ambito delle sue responsabilità, delle sue competenze e delle sue possibilità, che detta attività soddisfi le prescrizioni del diritto dell’Unione, affinché le garanzie previste da quest’ultimo possano spiegare pienamente i loro effetti e possa essere realizzata una tutela efficace e completa delle persone interessate, in particolare del loro diritto al rispetto della loro vita privata.

La Corte sottolinea poi che il trattamento dei dati personali che rivelano l’origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, l’appartenenza sindacale, nonché il trattamento di dati relativi alla salute e alla vita sessuale è vietato, fatte salve alcune eccezioni e deroghe. Inoltre, salvo deroga particolare, il trattamento di dati relativi alle infrazioni, alle condanne penali o alle misure di sicurezza può essere effettuato solo sotto controllo dell’autorità pubblica e un registro completo delle condanne penali può essere tenuto solo sotto il controllo dell’autorità pubblica.

La Corte ritiene che tale divieto o tali restrizioni si applichino, ferme restando le eccezioni previste dal diritto dell’Unione, a tutti i responsabili che effettuano siffatti trattamenti.

Essa sottolinea tuttavia che il gestore di un motore di ricerca è responsabile non del fatto che dei dati personali rientranti in tali disposizioni compaiono su una pagina Internet pubblicata da terzi, ma dell’indicizzazione di tale pagina e, in particolare, della visualizzazione del link verso di essa nell'elenco dei risultati presentati agli utenti di Internet in esito ad una ricerca. I divieti e le restrizioni si applicano al gestore di un motore di ricerca proprio a causa di tale indicizzazione e, quindi, per il tramite di una verifica da effettuare, sotto il controllo delle autorità nazionali competenti, sulla base di una richiesta presentata dalla persona interessata.

La Corte rileva poi che, sebbene i diritti della persona prevalgano, di norma, sulla libertà di informazione degli utenti di Internet, tale equilibrio può nondimeno essere rimesso in discussione a seconda della natura dell’informazione di cui trattasi e del suo carattere sensibile per la vita privata della persona interessata, nonché dell’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, il quale può variare, in particolare, in base al ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica.

La Corte conclude quindi che il gestore di un motore di ricerca, quando riceve una richiesta di deindicizzazione riguardante un link verso una pagina Internet nella quale sono pubblicati dati sensibili del genere, deve – sulla base di tutte le circostanze pertinenti della fattispecie e tenuto conto della gravità dell’ingerenza nei diritti fondamentali della persona interessata al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali – verificare se l'inserimento di detto link nell'elenco dei risultati, visualizzato in esito ad una ricerca effettuata a partire dal nome della persona in questione, si riveli strettamente necessario per proteggere la libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati ad avere accesso a tale pagina Internet mediante una ricerca siffatta.
Inoltre, qualora il trattamento riguardi dati manifestamente resi pubblici dalla persona interessata, un gestore di motore di ricerca può rifiutarsi di accogliere una richiesta di deindicizzazione, sempre che tale trattamento risponda a tutte le altre condizioni di liceità e salvo che la persona interessata abbia il diritto di opporsi a detto trattamento per motivi preminenti e legittimi, derivanti dalla sua situazione particolare.

Infine, per quanto riguarda pagine Internet contenenti dati relativi a un procedimento penale a carico di una persona specifica, che si riferiscono a una fase precedente di tale procedimento e non corrispondono più alla situazione attuale, incombe al gestore del motore di ricerca valutare se detta persona abbia diritto a che le informazioni di cui trattasi non siano più, allo stato attuale, collegate al suo nome mediante un elenco dei risultati, visualizzato in esito ad una ricerca effettuata a partire da tale nome.

Per valutare tale diritto, il gestore del motore di ricerca deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie, quali, in particolare, la natura e la gravità dell'infrazione di cui trattasi, lo svolgimento e l'esito di tale procedura, il tempo trascorso, il ruolo rivestito da tale persona nella vita pubblica e il suo comportamento in passato, l'interesse del pubblico al momento della richiesta, il contenuto e la forma della pubblicazione nonché le ripercussioni della pubblicazione per tale persona.

Il gestore di un motore di ricerca è quindi tenuto ad accogliere una domanda di deindicizzazione vertente su link verso pagine Internet nelle quali compaiono informazioni relative a un procedimento giudiziario di cui è stata oggetto una persona fisica, e, eventualmente, informazioni relative alla condanna che ne è conseguita, quando dette informazioni si riferiscono ad una fase precedente del procedimento giudiziario considerato e non corrispondono più alla situazione attuale, nei limiti in cui si constati che, tenuto conto di tutte le circostanze pertinenti della fattispecie, i diritti fondamentali della persona interessata prevalgono sui diritti degli utenti di Internet potenzialmente interessati.

La Corte precisa altresì che, quand’anche il gestore di un motore di ricerca dovesse constatare che la persona interessata non ha diritto alla deindicizzazione di simili link per il fatto che l’inserimento del link considerato si rivela strettamente necessario per conciliare i diritti della persona interessata al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati con la libertà di informazione degli utenti di Internet potenzialmente interessati, tale gestore è in ogni caso tenuto, al più tardi al momento della richiesta di deindicizzazione, a sistemare l'elenco dei risultati in modo tale che l'immagine globale che ne risulta per l'utente di Internet rifletta la situazione giudiziaria attuale, il che necessita, in particolare, che compaiano per primi, nel suddetto elenco, i link verso pagine Internet contenenti informazioni a tal proposito.

(Fonte: Comunicato Stampa 113/2019 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea –  Sentenza nella causa C-136/17 GC e a./Commission nationale de l'informatique et des libertés (CNIL) - Autore e Titolarità dei contenuti: Corte di Giustizia dell’Unione Europea).
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