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REATI INFORMATICI

Cassazione penale: la nozione di "nocumento" ai fini del reato di trattamento illecito di dati personali (art. 167 del Codice della privacy) dopo la novella del d.lgs. 101/2018.

INTERNET E REATI INFORMATICI – Spamming o comunicazioni indesiderate – Assenza di consenso – Concreta lesione della sfera personale o patrimoniali – Necessità – Nozione di nocumento- Trattamento illecito di dati personali protetti – Reato di cui all’art. 167 in relazione all’art. 130 del d.lgs. n. 196 del 2003 – D. Igs. n. 101/2018.

Anche dopo la riforma con d. Igs. n. 101 del 10 agosto 2018 (art. 15 comma 1 lett. b), che tuttavia non ha inciso in termini sostanziali sul contenuto della norma incriminatrice, essendo rimasto in particolare invariato l’elemento soggettivo del reato, costituito dal fine dell’agente di trarre per sé o per altri un profitto o di recare ad altri un danno mediante l’illecito trattamento. Il reato si connota pertanto come delitto a dolo specifico (così Sez. 3, n. 3683 del 11/12/2013, dep. 2014), la cui struttura finalistica è incompatibile con la forma del dolo eventuale, che postula l’accettazione solo in via ipotetica, seppure avverabile, del conseguimento di un determinato risultato. Parimenti immutato è rimasto il richiamo alla necessità del verificarsi di un “nocumento”, che secondo dall’art. 167 del d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003 deve intendersi come un pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura, patrimoniale o non patrimoniale, subito dal soggetto cui si riferiscono i dati protetti oppure da terzi quale conseguenza dell’illecito trattamento. Sicché, nell’attuale contesto socio-economico, è molto diffusa la pratica del cd. spamming, ovvero dell’invio in varie forme di una pluralità di messaggi pubblicitari a una vasta platea di utenti senza il consenso di costoro; tuttavia, affinché tale condotta assuma rilievo penale, occorre che si verifichi per ciascun destinatario un effettivo “nocumento”, che non può certo esaurirsi nel semplice fastidio di dover cancellare di volta in volta le mail indesiderate, ma deve tradursi in un pregiudizio concreto, anche non patrimoniale, ma comunque suscettibile di essere giuridicamente apprezzato, richiedendosi in tal senso un’adeguata verifica fattuale volta ad accertare, ad esempio, se l’utente abbia segnalato al mittente di non voler ricevere un certo tipo di messaggi e se, nonostante tale iniziativa, l’agente abbia perseverato in maniera non occasionale a inviare messaggi indesiderati, creando così un reale disagio al destinatario. Nella fattispecie, dovendosi escludere l’esistenza di un effettivo “nocumento” sia da parte dell’associazione “A.I.D.I.”, sia da parte dei suoi singoli iscritti, il reato contestato non può ritenersi configurabile, e tanto a prescindere dalla qualificazione del nocumento in termini di elemento costitutivo del reato o di condizione obiettiva di punibilità.

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