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TUTELA DEI DATI PERSONALI

Aggiornato il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure di contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro.

Il 24 aprile 2020 è stato aggiornato il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure di contrasto e contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, che integra il Protocollo già sottoscritto il 14 marzo 2020.
Il Protocollo è fondamentale perché la sua mancata adozione può comportare la sospensione dell’attività.

ll Protocollo rimette all’Azienda la gestione di vari dati del personale, tra cui la rilevazione della temperatura corporea (febbre).

A tale proposito il Protocollo aggiornato ribadisce che tale rilevazione costituisce un trattamento di dati personali e che come tale deve avvenire in conformità alle disposizioni di legge: trattasi del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), del D.Lgs. 196/2003 adeguato dal D.Lgs. 1010/2018 (Codice Privacy) e della ulteriore disciplina di dettaglio normativo (regole deontologiche, misure di garanzia, prescrizioni etc.)

Il Protocollo suggerisce di:
  • rilevare la temperatura e non registrare il dato acquisto; è possibile identificare l'interessato e registrare il superamento della soglia di temperatura solo qualora sia necessario a documentare le ragioni che hanno impedito l’accesso ai locali aziendali;
  • fornire l’informativa sul trattamento dei dati personali, la quale può omettere le informazioni di cui l’interessato sia già in possesso e può essere fornita anche oralmente. Come finalità del trattamento può essere individuata la prevenzione dal contagio da Covid-19, come base giuridica l’implementazione dei protocolli di sicurezza anti-contagio ai sensi dell’art. art. 1 n. 7 lett. d) del DPCM 11 marzo 2020 (obbligo di legge: art. 6.1 lett c GDPR), come durata per l’eventuale conservazione dei dati il termine dello stato di emergenza;
  • definire le misure di sicurezza e organizzative adeguate a proteggere i dati. In particolare, sotto il profilo organizzativo, occorre individuare i soggetti preposti al trattamento e fornire loro le istruzioni necessarie. I dati non devono essere diffusi o comunicati a terzi al di fuori delle specifiche previsioni normative (es. in caso di richiesta da parte dell’Autorità sanitaria per la ricostruzione della filiera degli eventuali “contatti stretti” di un lavoratore risultato positivo al Covid-19);
  • in caso di isolamento momentaneo dovuto al superamento della soglia di temperatura, assicurare modalità tali da garantire la riservatezza e la dignità del lavoratore. Tali garanzie devono essere assicurate anche nel caso in cui il lavoratore comunichi all’ufficio responsabile del personale di aver avuto, al di fuori del contesto aziendale, contatti con soggetti risultati positivi al Covid-19 e nel caso di allontanamento del lavoratore che durante l'attività lavorativa sviluppi febbre e sintomi di infezione respiratoria e dei suoi colleghi.
Altra novità apportata dal Protocollo riguarda il dovere del medico competente di  “segnalare all’azienda situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti”.

Non si tratta di una novità di poco conto. Viene, infatti, temporaneamente ampliato il limite delle informazioni sanitarie a cui il datore di lavoro ha accesso. Non più il mero giudizio di idoneità del dipendente, ma informazioni relative a patologie attuali o pregresse dei lavoratori a cui fa seguito il dovere, per il datore di lavoro, di “provvedere alla loro tutela nel rispetto della privacy”.

La ragione è da rinvenirsi nel “nuovo” ruolo assunto dal medico competente coinvolto maggiormente nella valutazione dei rischi e nella sorveglia sanitaria, al quale è demandato il compito propositivo di suggerire l’adozione di eventuali mezzi diagnostici qualora ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori.

Fondamentale sarà il coinvolgimento del medico competente anche alla ripresa delle attività per le identificazioni dei soggetti con particolari situazioni di fragilità e per il reinserimento lavorativo di soggetti con pregressa infezione da COVID 19.
A seguito di questo ampliamento di funzioni, il medico competente dovrà necessariamente coinvolgere il datore di lavoro per ovvie ragioni di sorveglianza sanitaria e prevenzione del contagio, nel trattare il caso di un dipendente positivo o sospetto tale.
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