Pulsantiera di navigazione Home Page
Pagina Facebook Pagina Linkedin Canale Youtube Versione italiana
Notizie
Notizie legali

DIRITTO DELLA PROPRIETA' INDUSTRIALE

Corte Suprema di Cassazione: indicazioni su equo compenso e risarcimento dei danni ai sensi del Codice della Proprietà Industriale.

Fatto.

Una società che vende veicoli industriali per la pulizia di fognature, condotti e aspirazione di polveri e solidi ha citato in giudizio un concorrente che commercializza veicoli che hanno implementato un brevetto di proprietà dell'attore senza licenza. La controversia è passata attraverso sentenze di primo e secondo grado con il riconoscimento del risarcimento dei danni. La Corte Suprema si è pronunciata su questioni relative alla quantificazione e al criterio di determinazione degli importi risarcitori.

Ai sensi dell'articolo 125 del Codice della Proprietà Industriale, commi 1 e 2, sono applicabili due criteri alternativi per determinare la misura del risarcimento del danno:
  •  il criterio ordinario: che considera le due componenti del pregiudizio diretto e del mancato guadagno, e tiene conto di tutte le circostanze rilevanti del caso. I fattori rilevanti sono, ad esempio, le conseguenze economiche negative, compresa la perdita di profitti del titolare dei diritti di proprietà industriale violati e i benefici conseguiti dall'autore della violazione. Anche componenti non economiche, come i danni morali, possono essere considerate in casi appropriati;
  • il criterio dell'equo compenso: quando non è possibile determinare la misura dei danni effettivamente subiti, o quando tale determinazione sarebbe troppo onerosa per il titolare dei DPI, il risarcimento può essere stabilito in un importo complessivo, in considerazione dei documenti depositati presso procedimenti e inferenze che se ne possono trarre. Il mancato guadagno non dovrà comunque essere inferiore alle royalties che l'autore della violazione avrebbe pagato per ottenere una licenza dal titolare del diritto violato (criterio della “ragionevole royalty”).
Inoltre, l'art. 125, comma 3 del Codice della Proprietà Industriale prevede che in ogni caso, il titolare del diritto leso può richiedere lo storno e la restituzione dei profitti ottenuti dall'autore della violazione, sia in alternativa al risarcimento del mancato guadagno, sia nella misura in cui eccedono tale risarcimento. 

La Suprema Corte di Cassazione affronmta questa prima questione: se un titolare di brevetto ha utilizzato un criterio alternativo per determinare in modo equo il risarcimento dei danni, deve essere applicato anche il criterio della "ragionevole royalty"? In questo caso, il titolare del brevetto ha chiesto solo il risarcimento dei danni, non la restituzione dei profitti.

La Corte Suprema ha ritenuto che il titolare del brevetto avesse di fatto offerto un ragionevole criterio alternativo equo per determinare la misura del risarcimento che - se applicato - sarebbe stato più elevato, più equo ed efficace, e avrebbe tenuto conto di tutti gli aspetti rilevanti, quali le conseguenze economiche negative, compresa la perdita di profitti per il titolare del brevetto e i benefici ottenuti illegalmente dal contraffattore. La Corte Suprema ha annullato la decisione di appello, affermando che il criterio della "ragionevole royalty" "è solo il limite inferiore del risarcimento determinato su base equa, che, tuttavia, non può essere utilizzato se la parte lesa ha indicato ulteriori e diversi criteri ragionevoli di equità, con l'obiettivo di un pieno risarcimento del pregiudizio subito dal titolare del diritto di proprietà intellettuale.

La Corte di Cassazione passa poi ad affrontare una seconda questione: laddove si applichi il criterio della “royalty ragionevole”, è previsto dalla legge italiana che il tasso di royalty sia raddoppiato, o almeno aumentato? Il titolare del brevetto ha affermato che la Corte d'appello ha commesso un errore nelle sue conclusioni perché, pur applicando il criterio della "ragionevole royalty", la Corte non aveva raddoppiato o addirittura aumentato la misura della royalty. Secondo il titolare del brevetto, il criterio della “fair royalty” rappresenta solo “lo standard minimo” pari al tasso di royalty tipico del settore. Pertanto, tale percentuale di royalty deve essere sempre aumentata, altrimenti l'autore della violazione sarebbe posto nella stessa posizione di un legittimo licenziatario.

Tuttavia, sebbene la Corte Suprema abbia riconosciuto che la giurisprudenza spesso considera equo un aumento ragionevole della royalty di riferimento del mercato, ha concluso che la legge non impone l'applicazione di tale aumento.

Conclusioni.

Da un lato, la decisione è importante perché stabilisce che il criterio della "ragionevole royalty" non è la "seconda scelta" nel caso in cui i danni non possano essere determinati nell'ammontare esatto, ma piuttosto un criterio residuo nel caso in cui nessun altro criterio equo individuato da il titolare del brevetto può essere applicato.
D'altro canto, il fatto che la Corte Suprema abbia ritenuto che la legge non imponga l'aumento del tasso di royalty laddove viene applicato il criterio della "royalty ragionevole" sarà probabilmente oggetto di discussione, poiché dottrina e giurisprudenza significativa avevano spesso sostenuto la approccio opposto.

(Fonte: Sito web twobirds - Autore: Avv. Federico Manstretta - Titolarità dei contenuti: Birds & Birds e Avv. Federico Manstretta).
 
Stampa la pagina