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Corte di Cassazione: fissati i criteri della responsabilità dei blogger per commenti diffamatori di terzi.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17360 del 2025, ha affrontato in modo puntuale il tema della responsabilità civile del gestore di un blog per i contenuti diffamatori inseriti da terzi nei commenti, chiarendo un’area da tempo controversa della disciplina della responsabilità nella comunicazione digitale. La Corte ha ribadito che il blogger non è tenuto a un controllo preventivo sui commenti pubblicati dagli utenti, ma diviene responsabile qualora, a seguito di una segnalazione specifica e circostanziata, anche non proveniente da un’autorità pubblica, non provveda con tempestività alla loro rimozione laddove essi siano manifestamente illeciti.
La vicenda trae origine da commenti ingiuriosi rivolti a un politico locale e pubblicati sul blog del convenuto. Nonostante la richiesta di rimozione da parte della persona offesa, i contenuti sono rimasti online per settimane, aggravando l’esposizione lesiva. Le domande risarcitorie sono state rigettate in primo e secondo grado (Tribunale di Siena e Corte d’Appello di Firenze), con quest’ultima che ha ritenuto l’obbligo di attivazione del gestore subordinato esclusivamente a una comunicazione proveniente dalle autorità competenti.
La Suprema Corte ha invece affermato che tale interpretazione non trova riscontro né nel tenore letterale né nella ratio del d.lgs. 70/2003, attuativo della Direttiva 2000/31/CE. La disciplina, in particolare gli artt. 16 e 17, esclude un obbligo generale di sorveglianza in capo al prestatore di servizi della società dell’informazione, ma individua un dovere di attivazione ex post nel momento in cui egli acquisisca conoscenza della manifesta illiceità di un contenuto. La segnalazione proveniente dall’interessato, quando chiara e circostanziata, è idonea a far sorgere tale conoscenza e dunque l’obbligo di rimozione. In tal senso, il blogger, pur non potendo essere equiparato a un provider professionale, non è comunque neutrale rispetto ai contenuti che ospita, disponendo della piena possibilità tecnica e materiale di intervenire. L’omessa rimozione, pertanto, integra una forma di acquiescenza consapevole, fonte di autonoma responsabilità aquiliana.
La Corte ha quindi cassato la decisione della Corte d’Appello di Firenze, che si era posta in contrasto con precedenti consolidati (Cass. civ., sez. I, n. 7708/2019; Cass. civ., sez. III, ord. n. 24818/2023; Cass. pen., n. 12546/2019), e ha riaffermato il principio per cui l’obbligo di rimozione sorge nel momento stesso in cui il gestore acquisisce la consapevolezza della manifesta illiceità, indipendentemente dalla provenienza della segnalazione. La comunicazione dell’autorità rappresenta una fonte qualificata di conoscenza, ma non l’unica, essendo sufficiente qualsiasi informazione inequivocabile che metta il gestore nella condizione di percepire il carattere illecito del contenuto.
La decisione ha un rilievo sistemico: riafferma l’equilibrio tra libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) e tutela della reputazione, conferendo rilievo al ruolo attivo che i gestori di spazi interattivi digitali, anche non professionali, sono chiamati ad assumere. Si delinea così un modello di responsabilità che, pur non imponendo controlli preventivi generalizzati, richiede un intervento tempestivo e mirato quando emergano elementi inequivoci di illiceità. La pronuncia si colloca inoltre in continuità concettuale con la giurisprudenza in materia di diritto all’oblio, poiché in entrambi i casi ciò che si intende evitare è la persistenza online di contenuti lesivi nonostante una segnalazione qualificata.
La sentenza n. 17360/2025 contribuisce quindi a chiarire la “zona grigia” relativa agli obblighi dei gestori di blog e spazi partecipativi, rafforzando un orientamento che punta a responsabilizzare i soggetti che amministrano ambienti digitali, anche se non riconducibili a grandi piattaforme o a operatori professionali, con possibili implicazioni future sia sul piano giurisprudenziale sia sul versante normativo.