TUTELA DEI DATI PERSONALI
Legge Semplificazioni 2025: stretta sulle basi giuridiche per i dati giudiziari.
La Legge Semplificazioni 2025 (L. 182/2025) interviene sulla disciplina del trattamento dei dati relativi a condanne penali e reati nel Codice Privacy, restringendo gli spazi di integrazione tramite fonti secondarie.
L’art. 72, lett. g) abroga i commi 2, 4 e 6 dell’art. 2-octies, cioè quelle disposizioni che consentivano al Ministero della Giustizia di adottare decreti integrativi per autorizzare o disciplinare il trattamento di dati relativi a condanne penali e reati. L’effetto della scelta è immediato e di sistema: il trattamento torna a richiedere una base normativa primaria definita direttamente dalla legge, senza possibilità di “completamenti” tramite fonte secondaria. L’intervento, dunque, non rende la disciplina più permissiva; al contrario, la rende più vincolata alla legge e riduce gli spazi di integrazione regolamentare, in un settore in cui il rapporto tra legge, regolamenti e poteri ministeriali è stato oggetto di ricostruzioni interpretative non sempre univoche.
Nel dettaglio, l’abrogazione del comma 2 elimina la possibilità per il Ministero della Giustizia di autorizzare, in presenza di un vuoto normativo o di una base non sufficientemente dettagliata, trattamenti specifici di dati giudiziari tramite decreto, previo parere del Garante. La conseguenza è netta: oggi, se manca una previsione di legge che autorizzi in modo espresso il trattamento, il trattamento non può avere luogo. La fonte primaria diventa l’unico presidio legittimante.
La stessa impostazione si riflette sull’abrogazione del comma 4, che consentiva di introdurre, sempre tramite decreto ministeriale, le “garanzie appropriate” quando la legge autorizzava il trattamento senza definire compiutamente condizioni e cautele. Con la soppressione di questa facoltà, il messaggio è chiaro: la legge abilitante deve essere “completa” fin dall’origine, includendo le garanzie richieste dal GDPR senza rinvii a provvedimenti successivi.
Un impatto operativo immediato riguarda anche protocolli antimafia e attività di prevenzione della criminalità organizzata. Il comma 6 prevedeva decreti del Ministero della Giustizia (in collaborazione con il Ministero dell’Interno) per definire quali dati potessero essere trattati, con quali modalità e con quali garanzie. Con l’abrogazione, tale strumento non è più utilizzabile: per trattare dati relativi a reati in questi contesti occorre una norma primaria chiara e completa; i protocolli, di per sé, non sono più sufficienti e non è più possibile usare decreti ministeriali con funzione integrativa o “supplente”.
Sul piano applicativo, le conseguenze sono significative. Per imprese e professionisti cresce l’esigenza di una verifica rigorosa dell’esistenza di una base giuridica primaria adeguata: in assenza di una norma chiara e completa, il trattamento resta precluso e non esistono strumenti normativi idonei a colmare eventuali lacune. Per l’Autorità Garante, invece, si riduce il coinvolgimento nella fase preventiva (venendo meno i pareri obbligatori sui decreti), ma si rafforza il ruolo ex post di controllo e vigilanza, diventando presidio centrale rispetto a trattamenti fondati su basi giuridiche non idonee o su interpretazioni eccessivamente estensive delle norme esistenti.