TUTELA DEI DATI PERSONALI
Corte Suprema di Cassazione: Cassazione: illegittimo l’uso dell’investigatore sul dipendente in malattia in assenza di sospetti concreti.
Con l’ordinanza n. 23578/2025 la Corte di Cassazione ha ribadito i limiti entro i quali il datore di lavoro può ricorrere ad agenzie investigative per accertare condotte potenzialmente illecite del dipendente.
In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che:
i controlli difensivi sono ammissibili solo se fondati su sospetti specifici e circostanziati di comportamento illecito;
l’attività investigativa deve rispettare i principi di proporzionalità e minimizzazione, evitando forme di sorveglianza generalizzata e continuativa;
in assenza di tali presupposti, gli esiti delle indagini risultano inutilizzabili e non possono giustificare un licenziamento disciplinare.
La vicenda decisa dai giudici riguardava un dirigente licenziato nel corso di un periodo di malattia, a seguito di un’attività investigativa protrattasi per 16 giorni consecutivi, comprendendo anche giornate festive e con pedinamenti estesi non solo al lavoratore, ma anche ai suoi familiari e conoscenti.
La Corte d’Appello aveva già ritenuto sproporzionato e non giustificato tale controllo, osservando che l’ordinamento mette a disposizione strumenti alternativi meno invasivi – come la visita fiscale INPS – idonei ad accertare l’eventuale inosservanza delle fasce di reperibilità. Tale valutazione è stata confermata dalla Cassazione, la quale ha ritenuto insindacabile l’apprezzamento di merito dei giudici territoriali in ordine all’eccessiva invasività del monitoraggio investigativo.
Il principio di diritto che si consolida è il seguente: il datore di lavoro può ricorrere a indagini di natura difensiva, ma non può utilizzare tali strumenti per svolgere un controllo sistematico e intrusivo sulla vita privata del dipendente. In tali ipotesi, non solo la prova raccolta perde efficacia, ma il licenziamento adottato sulla sua base si rivela illegittimo.